La denatalità è un problema che interessa l’Italia da anni e con la pandemia di Covid-19 le cose sono ulteriormente peggiorate. Già a partire dal 2013 il rallentamento dei nuovi residenti stranieri e il perdurare della contrazione dei residenti italiani ha portato ad una inversione di tendenza: per la prima volta dal dopoguerra la popolazione italiana ha iniziato a diminuire. La popolazione totale residente in Italia è passata da poco più di 60,3 milioni del 2013 a poco meno di 59,3 milioni a fine del 2020. l dato saliente è la riduzione della popolazione attiva (15-64 anni) e della quota più giovane di popolazione (0-14 anni) dal 1961 ad oggi, passate rispettivamente dal 66,0% al 63,9% del totale e dal 24,5% al 13,0% (fig.3). Di contro la quota di anziani over 64 anni è cresciuta dal 9,5% al 23,2%.
Le cause
Tra i fattori che sono ritenuti più importanti il principale è sicuramente la difficoltà di trovare un’occupazione che sia stabile (55,3%). Seconda causa, molto indicata soprattutto dai giovani (44,3%), è lo squilibrio del mercato del lavoro e della società italiana in genere: le donne che fanno figli sono spesso penalizzate. Poi pesano la mancanza di fiducia nel futuro e la scarsa voglia di rischiare. Infine vien percepita la difficoltà di accedere a soluzioni abitative dignitose e a costi contenuti.
Che fare?
Bisogna:
- passare dal modello in cui l’uono lavora e la donna accudisce al modello in cui tutti in famiglia lavorano e accudiscono in modo paritario;
- aumentare il lavoro femminile;
- dotarsi di strumenti di supporto più efficienti: congedi parentali più ricchi e lunghi, più asili nido, un assegno familiare universale;
- erogando formazione e campagne di sensibilizzazione ai giovani;
- contrastare l’infertilità favorendo inseminazione artificiale e la fecondazione in vitro.